The painting depicts an “impossible forest” in which leaves from incongruous climates and environments coexist: tropical and mountain species grow side by side, crafted from recycled aluminum cans, cut and shaped into luminous vegetal forms. In the background, a street poster can be glimpsed, bearing slogans and symbols associated with far-right groups. This element serves as a semantic and ideological substrate upon which the metallic vegetation proliferates, expanding until it gradually obscures and covers the inscriptions,a symbolic act of erasing the language of intolerance. The work thus constructs a dialogue between nature and artifice, consumption and regeneration, proposing a vision in which diversity, even when impossible or unnatural, becomes a vital force capable of overlaying and neutralizing the ideological rigidity of political discourse. In this sense, the painting constitutes an act of figurative resistance, where the natural imaginary, though constructed and artificial, becomes an instrument of ethical and visual renewal. The impossible forest, both radiant and unnatural, not only conceals but re-signifies what lies beneath it, proposing a vision in which plurality and reflected light prevail over the opacity of the language of hate.
Il quadro rappresenta una “foresta impossibile” in cui convivono foglie appartenenti a climi e ambienti inconciliabili: specie tropicali e montane crescono fianco a fianco, realizzate con lattine di alluminio riciclate, tagliate e modellate in forme vegetali lucenti. Sullo sfondo si intravede un manifesto urbano prelevato dalla strada, recante slogan e simbologie riconducibili a gruppi di estrema destra. Questo elemento funge da base semantica e ideologica su cui interviene la proliferazione vegetale: le foglie metalliche si espandono progressivamente fino a oscurare e ricoprire le scritte, in un processo di cancellazione simbolica del linguaggio dell’intolleranza. L’opera costruisce così un dialogo tra natura e artificio, consumo e rigenerazione, proponendo una visione in cui la diversità — anche se impossibile o innaturale — diviene forza vitale capace di sovrapporsi e neutralizzare la rigidità ideologica del linguaggio politico. In tal senso, il quadro si pone come un atto di resistenza figurativa, in cui l’immaginario naturale, per quanto costruito e artificiale, diviene strumento di rigenerazione etica e visiva. La foresta impossibile, lucente e innaturale, non solo copre, ma ri-significa ciò che si trovava sotto di essa, proponendo una visione in cui la pluralità e la luce riflessa prevalgono sull’opacità del linguaggio dell’ odio.